domenica 15 febbraio 2009

ETICA PROGETTUALE E CONSIDERAZIONI ECONOMICHE

Proprio questa sera stavo parlando con un Ingegnere dello studio di fattibilità di una serie di residenze a schiera.
Ci siamo trovati daccordo sul fatto che i costruttori, o comunque chi ha possibilità economiche per finanziare questo tipo di interventi, predilige lottizzazioni molto grandi, nell'ordine di 5000 mc.
A me sembrava strano che, ad esempio un intervento di sei ville a schiera, circa 1600 mc, fosse troppo piccolo per avere dei buoni guadagni, ma facendo due conti, se rimaniamo sempre nell'ambito di case a schiera, il tempo impiegato per costruirne sei, è di poco inferiore a quello che serve per farle dieci.
Il tempo è però un fattore determinante nelle costruzioni, per tanti motivi correlati (salari degli operai, finanziamenti che vengono dati per stati di avanzamento, accordi con i proprietari sul pagamento dei terreni ecc).
Anche per questo è "meglio" progettare case a schiera che ville mono/bifamiliari (sempre dal punto di vista economico).
Inoltre dicevamo anche che conviene acquistare intere aree di lottizzazione per non avere problemi con i confinanti al momento della fideiussione e per affrontare le opere di urbanizzazione.

Adesso vi chiederete, ma cosa centra un blog che parla di architettura contemporanea con questi concetti sull'aspetto economico dei progetti?
bè, stavo pensando che forse è proprio questo uno dei fattori fondamentali per cui i nostri paesi sono popolati da un isieme di edifici che non hanno nessun tipo di valenza architettonica e urbanistica;
se la speculazione coinvolge maggiormente chi ha più disponibilità economiche per costruire, ciò significa che, il piccolo costruttore, che prende limitati appezzamenti di terreno, ha meno margini di guadagno e questo inevitabilmente si riflette sulla qualità dei materiali e delle strutture e su quella progettuale, soprattutto nei piccoli paesi di provincia dove la quantità e la semplicità assicura una pianificazione del lavoro con pochi problemi e guadagni assicurati, anche se con gratificazioni limitate e ancor meno speranze di espansione qualitativa della società costruttrice.

Un edificio che si discosta sia dal punto di vista architettonico che da quello tecnologico dall'orribile standardizzazione generale che affligge la nostra epoca, crea scompiglio e problemi di vario genere che tutti o quasi sono restii dall'affrontare.

Anche gli stessi incarichi professionali risentono di questa situazione.
Perchè mai il titolare dell'impresa precedentemente descritta dovrebbe contattare un Architetto quando può avere a disposizione molti geometri che fanno il lavoro alla metà del prezzo dal momento che non è interessato alla qualità e alla cultura del contemporaneo?

Forse anche questa è una delle domande retoriche che affollerà i nostri utopici pensieri per sempre.

Rimane poi sempre il fatto di avere incarichi da committenti privati; anche a questo argomento sarebbe giusto dedicare un libro intero, ma per ora vorrei limitarmi a fare delle considerazioni legate a quanto detto fin ora.

Il committente privato che ha una maggiore disponibilità economica è, diciamo così, il cliente perfetto, soprattutto se la capienza delle tasche corrisponde alla cultura personale.

Molto spesso però capita che il committente, seppur convinto e motivato nell'affidarsi ad un Arhitetto, voglia però intervenire anche nella progettazione, inserendo dettagli estetici che gli derivano dallo sfoglio di riviste tipo "casa in fiore" o dalla villetta a mattoncini del vicino.
Eticamente dovremmo rinunciare all'incarico senza nemmeno pensarci troppo, o quantomeno cercare di convincere il cliente che esiste un mondo parallelo dove archetti e colonnine sono un lontano ricordo del passato, ma è sempre così? speriamo di si. a risentirci.

Arch. Stefano Proietti

La Contemporaneità è il vero rispetto per la Tradizione.

http://digilander.libero.it/cvproietti/

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